Grande la confusione sotto il cielo…
…la situazione è eccellente!
Le elezioni politiche del 13 e 14 aprile hanno segnato la definitiva presa d’atto dell’incontestabilità della tesi che vuole l’era berlusconiana configurarsi come “secondo Ventennio”. Al di là della durata, i due periodi sono infatti pienamente assimilabili, a patto di tralasciare ogni giudizio di merito e di intenderli – piuttosto che come regimi, che non intendo affatto accostare – come fasi politiche capaci di cambiare profondamente volto e coscienza del Paese.
In entrambi i periodi si è lavorato a fondo sull’immaginario collettivo, liberando e incanalando ad arte energie e pulsioni prima nascoste nella pancia del Paese, reprimendone ed estirpandone altre e, pur inconsapevolmente, creando le condizioni perché se ne accumulassero altre ancora. Rivoluzionando lo status quo si mettono inarrestabilmente in moto meccanismi spesso imprevedibili, e proprio per questo almeno in potenza positivi.
Dalle ceneri del Ventennio fascista nacquero una Costituzione e una Repubblica, i partiti di massa, la voglia di Europa, l’Italietta e il boom, fascinazioni cinematografiche, letterarie, musicali e artistiche libere da pastoie di regime, il ’68 e le lotte operaie, le conquiste nei diritti civili, fino al riflusso, Mani Pulite, Berlusconi; una democrazia anche suo malgrado vitale e resistente alle tentazioni autoritarie.
Dei vent’anni dalla discesa in campo del Cav. siamo ben lungi anche solo dall’intravedere la fine; quel che al contrario si può mettere agli atti è l’avvenuta “defenestrazione elettorale” della Sinistra Arcobaleno, esito estremo di una sconfitta tanto prevedibile quanto ostinatamente cercata. Per i motivi rinvio a una disamina di mazzetta (giornalista freelance e mediattivista bolognese), che condivido appieno e cui non sento il bisogno di aggiungere alcunché.
Non c’è più un comunista in Parlamento. E chi se ne frega?
Autolesionismo, solito “tafazzismo” di sinistra? Vedete un po’ voi: io mi sento invece decisamente ottimista. E non solo perché i fatti mi hanno dato ragione, dimostrando che la pretesa che tutte le istanze e i bisogni della società potessero e anzi dovessero trovare esclusiva espressione e legittimità nell’ambito della rappresentanza parlamentare e del bon ton istituzionale era illusoria e perdente, oltre che castrante e scoraggiante per tutti coloro che avrebbero e hanno provato a immaginare e percorrere altre strade, in ogni modo ostacolati e vilipesi.
Chi si è erto a unico legittimo custode e depositario di idee, speranze e rivendicazioni ha finito col diventarne lo stesso – anche inconsapevole – carceriere. Opachi funzionarî del dissenso, ormai esclusivamente deputati a officiare il ripetitivo nonché odioso rituale della distribuzione di patenti di “bravo compagno” ai fedeli alla linea, mentre ai riottosi e ai cani sciolti spettano immancabilmente scomuniche e bolle infamanti (e non mi riferisco al pur emblematico «Nessuno può accettave una contestazione spvezzante e violenta contvo un pvotagonista della vita politica» in risposta ai sacrosanti lanci di uova e ortaggi su Giuliano Ferrara).
Nel frattempo tutto cambiava, ma i “grandi timonieri“ della Sinistra Arcobaleno non sembrano essersene minimamente accorti. A differenza di chi – in un sussulto di dignità – li ha finalmente rispediti a casa.
Il vuoto di rappresentanza che si è improvvisamente manifestato può in un primo momento anche sconcertare, ma libera allo stesso tempo enormi spazî e prospettive, di cui sarebbe un vero peccato non provare ad approfittare.
Tutti a casa? Approfittiamone!
Quale occasione migliore di questa per riaggregarsi facendo tesoro degli errori del passato, oppure per decidere di procedere in ordine sparso, ognuno secondo le proprie inclinazioni e sensibilità, ma allo stesso tempo legati da vera solidarietà di intenti e – si può ancora dire? – di classe, stabilendo giusto un minimo, agile, denominatore comune? Oppure di tornare ognuno a farsi i cazzi proprî, ma se non altro con franchezza e onestà?
Si è spalancata una finestra: non proviamo a richiuderla prima che se ne sia uscita tutta l’aria viziata. Sbarazziamoci delle gerarchie e delle invidie connaturate alla forma-partito (peggio ancora se “partitino”), per essere liberi di usare le armi dell’intelligenza e della fantasia, con quel pizzico di situazionismo che non guasta mai. Proviamo a divertirci a spiazzare chi da noi non si aspetta ormai nulla al di fuori del più frusto dei canoni: l’interrogazioncina parlamentare col ditino alzato, i moniti del sindacalista che non firma nulla e di quello che firma tutto, la spilletta al bavero, il corteo con gonfalone, cordone, fricchettone e concertone combat-folk, il dibattito in sezione…
Finalmente orizzonti più ampî di quelli della riserva indiana della rappresentanza parlamentare, in cui i bolsi capitribù, intontiti dal cattivo whiskey, potevano ormai giusto inscenare pallide imitazioni di riti e danze di cui nemmeno loro ricordavano il significato; anche il turista più sprovveduto ha del resto imparato a disertare certi deprimenti spettacolini in favore del luccicante casino (dove magari perderà anche le mutande, ma divertendosi).
Grandi cose si possono fare, a patto di dimenticare in fretta – se non le idee – tutte le parole e le strategie che sono state finora usate per veicolarle, che – oltre a non aver mai funzionato – mai potranno riacquistare il senso che hanno irrimediabilmente perso.
A patto di seppellire quanto prima di pernacchie tutti coloro che già provano a evitare di dover sgombrare il campo, cianciando di «paghiamo il voto utile», «non hanno capito il progetto», «abbiamo perso il voto identitario».
Dovesse mai venirci nostalgia di loro, potremmo sempre andare a visitarli al giardino zoologico, per tirar loro le noccioline e rigustarci gli evergreen:
«A Dilibe’, facce Tarzan…»;
«A Bertino’, rifacce quello che vvo’ abboli’ ’a propprietàpprivata…»
Smettiamola in definitiva di martellarci i coglioni (e di scrivere “pipponi” come questo): ci sarà da divertirsi, compagna Jiang Qing!
P.S.: il primo che mi dà del “bordighista” vince un biglietto di sola andata a quel paese, senza passare dal via. Il prossimo post? Sarà una ricetta, per queste elezioni ho già dato…