Voglio il pane e le rose. E anche il foie gras

Guida definitiva al risotto perfetto

Il Manifesto del Partito Risottista

Per fugare ogni dubbio, visto che di me non ho ancora rivelato molto: non sono un cuoco. Non ho fatto la scuola alberghiera né vanto alcun tipo di esperienza professionale. La mia è una normalissima cucina casalinga, sprovvista di abbattitore di temperatura, macchina per il sottovuoto e Pacojet. È da mesi che tentenno sull’acquisto di un sifone. Bilancino di precisione? Non oso comprarlo: verrei scambiato per un narcotrafficante e immediatamente segnalato alla DIGOS. Usare una fiamma ossidrica in casa? Porterebbe alla mia istantanea defenestrazione da parte della mia dolce metà.
Manco - insomma - di tecnica e di mezzi: mi limito ad arrangiarmi in maniera a mio avviso più che discreta, mettendoci se non altro tanta passione.

Ma i risotti mi riescono. Eccome.

Nella mia infinita presunzione ho pertanto deciso di mettere tutto il mio sapere a disposizione dei miei due virgola cinque lettori. Mi spernacchio da solo per tanta tracotanza e rompo gli indugi.

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Charline Coninette

A volte riemergono…

Premessa: il racconto all’interno di questo post non è farina del mio sacco. Non intendo arrogarmi qualsivoglia diritto su di esso, e non esiterò a procedere alla sua rimozione, qualora l’autore volesse appalesarsi per farne richiesta.

È necessario giusto un breve cenno sulla provenienza della gustosa novella che vado a presentare, intitolata «Charline Coninette»: ha misteriosamente fatto la sua comparsa alcuni mesi orsono, iniziando a diffondersi sotto forma di fax, via via sempre meno clandestino, tra i membri di un Ordine professionale della città di ***. È apparso subito chiaro come l’anonimo autore, sulla falsariga delle novelle tardo ’800 di Jean Richepin raccolte in Les morts bizarres, crudele e divertito campionario di trapassi all’insegna del morimo strano, intendesse in realtà dileggiare ferocemente un personaggio della vita pubblica cittadina, ricalcandovi la figura di Charline. Con penna intinta nel curaro.

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«Venghino, siore e siori!»

S’inaugura: ricchi premi e cotillons

Si scrive per piacere, per necessità, il più delle volte per velleità o semplice incontinenza. Apro questo blog – pur consapevole che se ne sarebbe potuto fare a meno – per regalarmi uno spazio in cui a mio estro poter essere impenitente, impertinente e non pertinente.

Assumo di qui in poi l’identità de il Gambero Rotto.

Un po’ perché mi sono rotto per davvero, un po’ perché questo sarebbe dovuto diventare l’ennesimo blog enogastronomico: mi divertiva l’idea di fare il verso ad un Gambero di più chiara e meritoria fama. Non che abbia rinunciato all’idea di pubblicare certe mie ricette ed ideuzze, ma tutto mi si può chiedere, fuorché di non divagare.

Cosa ne verrà fuori? Lo scopriranno i due virgola cinque lettori che avranno la compiacenza di seguirmi. Per il momento si festeggi, sia pure in in pompa parva: un bel frizzantino di benvenuto a chiunque si trovi a leggere queste righe.